[...] “Sic volvere parcas”
[Virgilio, Eneide]
Le tre Moire (o "Parche"), padrone del destino di tutti, di una vita che
inizia, si compie e che per forza arriva a un ineluttabile termine.
Le tre figure mitologiche sovrane che, senza riguardo
alcuno, sanciscono l’estensione di quel sottile filo che determina la durata di
un’esistenza, per quanto breve, ad ogni modo bollata come intera e bastante. L’inganno del destino che imprigiona nella propria tela e si
consuma impietoso. L’inesorabile fato che si manifesta ancor più spietato nel
seducente sguardo di una Cloto illuminata dalla luce della giovinezza.
Bella e
invitante attira la vista che compie voli circolari fra occhi e labbra, come un insetto volteggia
intorno a un frutto maturo e polposo. La sua tela delicata e
impercettibile resta a farle da scudo, catturando a sé ogni vita che già di diritto le
appartiene. Il rito della filatura e tessitura, da sempre associato a
funzioni divinatorie del simbolismo magico e mitologico femminile, qui si svolge e riavvolge in un processo contrario. Cloto ha pronta la sua tela che destina differente a
ciascuno.
Lachesi pazientemente la svolge, ne intreccia il destino in
un processo lento e sensuale. Inginocchiata sul proprio lavoro, rivolge
all’osservatore le morbide spalle in un controluce mistico di trasparenze e setose stoffe. Porge con gesto
lento e trionfante quel gomitolo già avvolto, mentre quel punto
irrevocabilmente reciso oscilla leggero, come della vita, la precarietà, oltretutto
rimarcata da un’instabile palla di pesci rossi. Atropo infine, ne tronca la continuità. È lei a sancirne
l’irrecuperabile termine lacerando il cuore delle anime predestinate. Appassionata e nervosa fissa con sguardo vitreo quel muscolo
ancora caldo che muove al suo interno un’esistenza intera, mentre
scivolano via pulsioni e soffi di una vita che ha stabilito essersi consumata.
Così vogliono le Parche,
Così vuole la sorte:
"Sic volvere Parcas". |